Una Parola per la vita

È stato pubblicato il libro “Perché nulla vada perduto – Il nostro percorso dalla memoria alla speranza”; dal 3 ottobre u.s., settimana dopo settimana, pubblico il commento che sui testi (nelle varie liturgie) don Enzo fece negli anni 1995-1996.

Infatti si tratta di letture liturgiche di alcuni giorni domenicali e festivi dei cicli C ed A; l’attuale anno liturgico è quello C, il prossimo sarà quello A.

Un modo come un altro per continuare a farci provocare dalla sua meditazione sui testi sacri; una riflessione acuta e profonda, non meno che puntuale, offerta a noi in modo serio e pacato, come da sua consuetudine.


24 novembre 2019 – XXXIV tempo Ordinario

2 Sam 5, 1-3; Sal 121; Col 1, 12-20; Lc 23, 35-43

La Chiesa non si veste più di verde: il cammino della speranza ha un termine. La solennità di “Nostro signore Gesù Cristo, re dell’universo”, che conclude la celebrazione del mistero cristiano ha lo splendore del bianco, la pienezza della vittoria di Dio, della luce, della vita: il punto d’arrivo della speranza è, dunque, il Regno. Il Padre costituisce Gesù Signore dell’umanità da lui assunta per salvarla; egli  è un re che governa donando salvezza e pace a chi lo riconosce; che costruisce la realtà nuova e definitiva offrendo, fino alle sue ultime  possibilità, il servizio dell’amore. Il suo trono è la croce che domina  le nostre chiese; è un re difficile, perché risulta davvero difficile riconoscere la vittoria di Dio in un uomo che muore.

Il messaggio della Parola tende a mettere in crisi la concezione gloriosa della regalità divina, caratteristica della mentalità ebraica, ma anche del modo comune di pensare; per condurci a contemplare in silenzio il modo davvero scandaloso che Dio ha scelto per redimerci facendoci camminare sulla stessa strada sulla quale aveva posto il Figlio.

Dopo la tragica morte di Saul, Israele riconosce Davide come suo re fondandosi su di una forte motivazione: anche lui è un israelita, ha dato buone prova di sé come condottiero in battaglia, c’è su di lui un disegno divino che è stato manifestato. Il suo predecessore era stato scelto dal profeta Samuele, per ordine di Dio, dopo che il popolo aveva chiesto un re. Ora Davide viene proclamato re dal popolo, che prende atto di un oracolo divino. In Israele il vero Signore è Dio: il re sarà una guida, un pastore che viene costituito da una benedizione divina nella sua capacità di essere il rappresentante e lo strumento di colui che è la vera guida del suo popolo; questo sembra dirci il brano del secondo libro di Samuele, che dà una lettura teologica  della monarchia, della sua grandezza e della sua miseria.

Il brano del vangelo, certamente tra i più capaci di farci intendere l’inconcepibile altezza della “misericordia” che ci è stata usata, ci presenta un “re” che vince morendo su di una croce; un salvatore che sembra non poter salvare nemmeno se stesso eppure dona gratuitamente la vita eterna.

Nessuno dei presenti sa riconoscere l’opera di Dio, proprio nell’ora in cui essa giunge a compimento. È tale lo scandalo di un Dio così debole, così abbandonato nelle mani dei violenti e degli ingiusti, che nessuno dei personaggi riesce a sottrarsi allo scherno o all’insulto. Il popolo, che Luca con i suoi intendimenti missionari giudica sempre con una certa benevolenza, “sta a vedere”, dopo essersi tante volte entusiasmato dei gesti di potenza compiuti da Gesù; i capi possono finalmente giustificare la loro opposizione; i soldati ripetono il ritornello già intonato dai capi: salva te stesso!; anche uno dei malfattori, forse considerati tali perché contrari al dominio romano, non può fare a meno di cedere alla tentazione del sarcasmo. Non è difficile notare come cresca il rifiuto proprio mentre constatiamo condizioni per le quali la  solidarietà con Gesù dovrebbe essere più facile.

Ma c’è un uomo, almeno uno, che dall’abisso della sua condizione sa guardare a Gesù come al re che vuol portarlo verso la condizione nuova e insperata che può nascere soltanto dalla straordinaria potenza dell’amore. È vero che non ha niente da perdere a gridare quell’implorazione che ciascuno dovrebbe far sua: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”; ma da dove nasce un grido così umile, così capace di confidenza? Le vie che percorre lo Spirito ci restano spesso ignote; eppure sono così sicure se fanno riconoscere chi a tutti è restato ignoto, uno per il quale si è proclamato solo per una tragica burla: Questi è il re dei giudei. “…oggi sarai con me nel paradiso”. Il ladrone, come siamo soliti dire, ha compiuto il colpo della vita, ha trovato in un attimo quanto non aveva mai pensato di cercare.

Paolo ci parla di Cristo re, del suo primato universale e definitivo, dandocene i fondamenti teologici: è prima di tutto e tutto è stato creato per mezzo di lui; è il redentore per mezzo del quale tutto è stato riconciliato con Padre; tutto sussiste in lui perché tutto è stato creato in vista di lui.

Adorare in silenzio il disegno di Dio, riconoscendo la nostra incapacità di leggerlo in tutta la sua ricchezza; costruire comunità che rifuggano la tentazione dell’efficienza e del successo, per servire con povertà e umiltà; attraversare nella speranza la valle buia della croce quotidiana fiduciosamente affidati al re e pastore delle nostre anime: sono frecce che indicano la via del Regno dove sono verità e giustizia, amore e pace.

don Enzo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.