Memoria

PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

La memoria cristiana è il sale della vita

Giovedì, 7 giugno 2018

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVIII, n.128, 08/06/2018)

È tra «memoria e speranza» che possiamo «incontrare Gesù». E Papa Francesco ha suggerito tre consigli pratici per non essere «cristiani smemorati» e dunque incapaci di dare «sale alla vita»: ricordarsi dei primi incontri con il Signore, di chi ci ha trasmesso la fede — a cominciare dai genitori e dai nonni — e della legge di Dio. È su queste indicazioni ad «andare indietro per andare avanti» che il Pontefice ha centrato la messa celebrata giovedì 7 giugno a Santa Marta. Proponendo anche un esame di coscienza.

Francesco ha fatto notare che «nella prima lettura Paolo attira l’attenzione di Timoteo sulla memoria: “Figlio mio, ricordati di Gesù Cristo”». E, sempre riferendosi alla seconda Lettera paolina a Timoteo (2, 8-15), il Papa ha anche fatto presente che l’apostolo, «più avanti», rilancia scrivendo: «Richiama alla memoria queste cose».

Insomma, Paolo «fa un’esortazione perché» Timoteo «vada indietro con la memoria per incontrare Gesù Cristo e la memoria, come è presentata nella Bibbia, non è un pensiero, diremmo, un po’ romantico, come dire “i tempi passati sono stati migliori”». No, ha spiegato il Papa, «la memoria è un andare indietro per trovare forze e poter camminare in avanti». Di più, «la memoria cristiana è sempre un incontro, un incontro con Gesù Cristo». Per questo Paolo scrive a Timoteo: «Ricordati di Gesù Cristo, richiama alla memoria queste cose».

«La memoria cristiana è come il sale della vita: senza memoria non possiamo andare avanti» ha affermato il Pontefice. Tanto che «quando noi troviamo cristiani “smemorati”, subito vediamo che hanno perso il sapore della vita cristiana e sono finiti» per essere «persone che compiono i comandamenti ma senza la mistica, senza incontrare Gesù». Invece «Cristo dobbiamo incontrarlo nella vita».

«Mi sono venute in mente tre situazioni nelle quali possiamo incontrare Gesù» ha confidato il Papa indicandole: «Nei primi momenti, così li chiamo io; nei nostri capi, nei nostri antenati; e nella legge».

«Ricordati di Gesù Cristo nei primi momenti», dunque è la prima indicazione. E «la Lettera agli Ebrei è chiara in questo: “Rimandate alla memoria quei primi tempi, dopo la vostra conversione”», un momento in cui «eravate così fervorosi», ferventi.

Del resto, ha detto il Pontefice, «ognuno di noi ha dei tempi di incontro con Gesù». E «nella nostra vita ci sono uno, due, tre momenti in cui Gesù si è avvicinato, si è manifestato». Ed è importante, ha fatto presente il Papa, «non dimenticare questi momenti: dobbiamo andare indietro e riprenderli perché sono momenti di ispirazione, dove noi incontriamo Gesù Cristo». In questa prospettiva Francesco ha fatto nuovamente riferimento alla lettera agli Ebrei: «Fissi gli occhi, fissi lo sguardo su Gesù Cristo, che è il creatore e il consumatore della fede; rimandate alla memoria colui che ha sofferto così ostilità». Dunque, è l’invito del Papa, «sempre pensare a Gesù Cristo ma nei momenti: ognuno di noi ha dei momenti così, quando ha incontrato Gesù Cristo, quando ha cambiato vita, quando il Signore gli ha fatto vedere la propria vocazione, quando il Signore lo visitò in un momento difficile».

E «noi nel cuore abbiamo questi momenti: cerchiamoli, contempliamo questi momenti» ha affermato il Pontefice. Rinnovando l’esortazione ad avere «memoria di quei momenti nei quali io ho incontrato Gesù Cristo, memoria di quei momenti nei quali Gesù Cristo ha incontrato me». Perché quei momenti, ha spiegato, «sono la fonte del cammino cristiano, la fonte che mi darà le forze». Perciò è importante «tornare sempre a quei momenti per riprendere forza e poter andare avanti».

A questo punto, ha rilanciato il Papa, «ognuno può domandarsi: io ricordo quei momenti di incontro con Gesù, quando mi è cambiata la vita, quando mi ha promesso qualcosa?». E «se non li ricordiamo, cerchiamoli: ognuno di noi ne ha, cerchiamoli».

La seconda situazione per l’«incontro con Gesù» è la «memoria dei nostri antenati» ha affermato Francesco. E «la Lettera agli Ebrei è chiara anche su questo: “Rimanda alla memoria i vostri capi, quelli che vi hanno insegnato la fede”, quelli che mi hanno trasmesso la fede». Oltretutto, ha proseguito il Pontefice, nella stessa Lettera proposta dalla liturgia «un po’ più avanti Paolo torna su questo e dice a Timoteo: “Ricordati tua mamma e tua nonna che ti hanno trasmesso la fede”».

L’apostolo, in pratica, indica «l’esempio dei nostri capi, delle nostre radici, di coloro che ci hanno dato la fede». Perché, ha fatto notare il Papa, «la fede noi non l’abbiamo ricevuta per posta». Sono stati «uomini e donne che ci hanno trasmesso la fede». Tanto che si legge ancora nella Lettera agli Ebrei: «Guardate loro che sono una moltitudine di testimoni e prendete forza da loro, loro che hanno sofferto il martirio, tante cose».

Sicuramente possiamo ricevere la fede, ha aggiunto Francesco, anche da coloro «che sono i più vicini a noi, come dice qui Paolo a Timoteo: tua mamma, tua nonna, coloro che ci hanno dato la fede». Con la consapevolezza che «sempre quando l’acqua della vita diviene un po’ torbida è importante andare alla fonte e trovare nella fonte la forza per andare avanti».

In questa direzione, ha proposto il Pontefice, «possiamo domandarci: io rimando la memoria ai nostri capi, ai miei antenati; io sono un uomo, una donna con radici o sono diventato sradicato e sradicata? Vivo soltanto nel presente?». E se fosse così è opportuno «subito chiedere la grazia di tornare alle radici, a quelle persone che ci hanno dato la fede, che ci hanno trasmesso la fede: “Richiamate alla memoria i vostri antenati”».

«Il terzo punto per chiamare alla memoria è la legge» ha detto Francesco. E riferendosi al passo evangelico di Marco 12, 28-34, ha spiegato che «Gesù fa ricordare la legge», ripetendo chiaramente che «il primo comandamento è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio». Sì, «ascolta, Israele!» è una «parola che si ripete tanto, tanto, nell’Antico Testamento, nel Deuteronomio, quando il popolo era un po’ che aveva perso la memoria, il Signore» dice: «Ascolta, Israele, non dimenticare, Israele!». Al punto che, ha spiegato il Papa, questa espressione «è diventata una preghiera per gli ebrei: “Ascolta, Israele!”». Dunque, «ripetono le parole del Signore: la memoria della legge». E «la legge è un gesto di amore che ha fatto il Signore con noi perché ci ha segnalato la strada, ci ha detto “per questa strada non sbaglierai”».

Ecco il valore di «rimandare alla memoria la legge: non la legge fredda, quella che sembra semplicemente giuridica». Piuttosto «la legge d’amore, la legge che il Signore ha inserito nei nostri cuori». In questo senso, il Pontefice ha suggerito di domandarsi se «io sono fedele alla legge, ricordo la legge, ripeto la legge?». Perché a «volte noi cristiani, anche consacrati, abbiamo difficoltà a ripetere a memoria i comandamenti: “Sì, sì, li ricordo”, ma poi a un certo punto sbaglio, non ricordo». Perciò «memoria della legge, legge di amore ma che è concreta».

«Ricordati di Gesù Cristo» ha ripetuto il Papa. Invitando a tenere «lo sguardo fisso al Signore nei momenti della mia vita nei quali ho incontrato il Signore, momenti difficili, momenti di prova; nei miei antenati e nella legge». Certi che «la memoria non è soltanto un andare indietro», ma «è andare indietro per andare avanti».

Difatti, ha fatto presente Francesco, «memoria e speranza vanno insieme: la memoria cristiana va sulla speranza e la speranza va sulla memoria». E così «sono complementari, si completano». Con questa consapevolezza, il Papa ha rinnovato l’invito a ricordarsi «di Gesù Cristo, il Signore che è venuto, ha pagato per me e che verrà, il Signore della memoria, il Signore della speranza». Infine il Pontefice ha concluso con una proposta: «Ognuno di noi può oggi prendere qualche minuto per domandarsi come va la mia memoria, la memoria dei momenti nei quali ho incontrato il Signore; la memoria dei miei antenati; la memoria della legge». E domandarsi anche «come va la mia speranza, in quale cosa spero». Auspicando «che il Signore ci aiuti in questo lavoro di memoria e di speranza».


Comboniano

Articolo presente anche nella pagina “Manifesto”

Ogni promessa è debito; avevo promesso che sarei tornato sul Manifesto “per dare sapore di Vangelo alla nostra realtà” per offrire un paio di sottolineature. Ho modo e tempo per farne, intanto, una. D’altra parte non ci rincorre mica nessuno, una cosa alla volta…

Desidero soffermarmi su una parola: comboniano.

Nella stesura del Manifesto è stata inserita questa parola per “completare” la presentazione di Padre Zanotelli, comboniano, appunto.

Cosa significa per me questa parola, questo termine?

E’ un  termine che mi offre l’opportunità di compiere un esercizio della memoria.

Mi comprenderanno meglio gli amici del Consiglio Pastorale parrocchiale. Durante il nostro primo incontro don Giorgio ci ha aiutato a fare l’identikit del “bravo” consigliere.

Tra i connotati che furono elencati in quella occasione, si affermò che il Consiglio ha anche il compito di essere “memoria” nella e della Comunità parrocchiale. Fare memoria, rileggere un fatto, una persona, uno scritto, trasportarlo nel presente, renderlo attuale, vicino; la memoria si sostiene anzitutto sapendo gustare le cose belle che abbiamo ricevuto, sapendo far rivivere i doni che ci sono stati dati.

Ognuno di noi ha bisogno di farsi una memoria viva di tutta la propria storia e ricongiungersi con le proprie radici per crescere armoniosamente e far crescere il dono di Dio. Non si tratta di vivere di passato ma, come recita una preghiera che ci è cara, “prendere il buono del passato e renderlo presente” (preghiera a Maria Madre dei Giovani). Il nostro è un tempo segnato dalla voglia di nuovo, tutto deve cambiare, il passato non serve più a nulla; il futuro non si conosce, dunque non si progetta; solo il presente conta perché lo vivo “io” e lo vivo “adesso”. La stessa frattura tra passato, presente e futuro, c’è tra le generazioni, tra padri e figli. Fare memoria significa riportare armonia in questi contrasti e fare verità. Significa aiutare padri e figli a ritrovarsi e sentire di essere gli uni parte degli altri. È necessario e noi sentiamo di fare tutto il nostro possibile per ricomporre la distanza tra giovani e adulti, per “convertire il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri” (Mal 3,24) perché il bene seminato dagli uni sia portato a compimento dagli altri e insieme possiamo condividere la responsabilità.

Che ci piaccia o no noi siamo intrisi di ricordi impressi nella nostra memoria, che ci seguono anche se li archiviamo. A volte sono ricordi negativi, di cui non vorremmo restasse traccia, invece ritornano e ci sembra si riproducano nel tempo. Se ne facciamo memoria, li rileggiamo, impariamo a fare tesoro della lezione della vita, a volte smettono di sanguinare e ci rivelano un tratto della nostra storia con Dio. Soprattutto, impariamo a fare memoria di tutto ciò che ci ha resi le persone che siamo, a ricostruire la storia di Dio con noi attraverso ciò che ci ha segnato, a riconoscere come alcuni fatti siano stati strumento della pedagogia di Dio per aiutarci a progredire nel nostro cammino. È una rilettura della relazione di ognuno di noi con Dio a livello personale, come famiglia, ma anche con la comunità, con la parrocchia o il gruppo di cui facciamo parte… Come dice il salmo: “Ricordo gli anni lontani… medito e il mio spirito si va interrogando” (Sal 77). (Rosanna Tabasso, Rinascere QUELLO CHE CONTA, rubrica di NUOVO PROGETTO)

Se vado indietro negli anni, molti anni, affiora alla memoria la bella figura di Marina, moglie di Giuseppe Arisio che ogni anno si presentava a casa, sempre in punta di piedi ma con grande convinzione, per raccogliere gli abbonamenti ad un giornalino per ragazzi. Non era Topolino, bensì “Il piccolo missionario”; un giornaletto che, mensilmente, con fumetti e altri racconti portava in casa una serie di storie da terre lontane.

Era una rivista dei Missionari Comboniani. Ogni anno in ottobre si poteva leggere, in quelle pagine, anche l’invio in Africa dei missionari, cui veniva consegnato il crocefisso. E partiva, così, l’operazione “Passare i mari”.

La lettura del giornalino, non troppo assidua a dire il vero, mi ha accompagnato per alcuni anni, fino a quando mi sono ritrovato nella fascia di età non più destinataria di quella “mitica” rivista.

Eppure Marina ogni anno dedicava tempo ed energie a fare su e giù per tante scale, in parrocchia ed in città per aiutare, anche in questo modo, le missioni ed i missionari.

E perché proprio i missionari comboniani?

Marina era originaria di Montecastello, come un suo parente, Padre Tino Belli che era missionario comboniano in Africa.

Quando Padre Tino, di tanto in tanto tornava dai familiari a Montecastello, don Enzo, il parroco di allora, lo invitava per la celebrazione di qualche messa domenicale.

Possiamo immaginare e ricordare quelle omelie, dense di racconti, di usi e costumi a noi sconosciuti, di povertà estrema, di malattie, ma anche di gratitudine per il sostegno che Padre Tino trovava nella sempre presente generosità dei parrocchiani di San Giuseppe.

Ecco perché, nella redazione del Manifesto, per me è stato importante inserire il termine comboniano che specifica un carisma, quello di San Daniele Comboni.

“Precursore, evangelizzatore, profeta, pioniere, gigante missionario, promotore, liberatore, sacerdote e vescovo dal cuore magnanimo che sa perdonare, e specialmente amico dell’Africa, per la quale non esita a sacrificare tutto”. In queste poche righe del cardinale Francis Arinze, già Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, c’è un ritratto fedelissimo di san Daniele Comboni, uno dei più grandi missionari di ogni tempo, al quale l’Africa deve molto del suo presente e del suo futuro.

Chiediamo alSignore di renderci capaci a imprimere nella nostra mente e nel nostro cuorequei ricordi che sanno diventare motivi costanti di gratitudine, di verificadella nostra vita, di contemplazione di quella meta che ci permette di superareogni paura, ogni divisione, ogni stanchezza nel nostro cammino di cristiani,come membri di una comunità del Signore, che sa misurarsi con i problemi e lesfide di oggi e che continua a testimoniare la presenza di Cristo risorto.

25 agosto 2018

Claudio



In ricordo di Gina Cavallini

Se apri l’allegato trovi “Nella luce del Natale” pubblicato il 27.12.2013 ad un anno dalla nascita al Cielo di Gina.


In ricordo di Bruna Desideri ved. Fantozzi e di Antonio Filidei

In Azione Cattolica,

per guardare gli altri con occhi sempre nuovi

Il Santo Padre, incontrando gli adulti e le famiglie di AC nel settembre 1998 a Roma, invitò l’Azione Cattolica ad essere “famiglia di famiglie”.

L’Associazione ha maturato sempre più, in questi anni, la consapevolezza di essere veramente una grande famiglia nella quale le generazioni si incontrano, dialogano, crescono nella fede, si impegnano ad essere sale e luce nella storia e per il mondo.

Come per ogni famiglia, anche per noi che oggi ci incontriamo nel giorno in cui tutta l’AC si incontra ed in esso ogni aderente rinnova o inizia il proprio percorso associativo con gli altri, anche per noi, dunque come per ogni famiglia, si fa vivo il ricordo di quanti non sono qui con noi. In particolare il ricordo è per quanti hanno condiviso con noi l’esperienza associativa e si uniscono a noi dal Cielo, da quella Casa del Padre, verso la quale tutti camminiamo.

Questa nostra associazione parrocchiale ricorda due persone, per noi un fratello ed una sorella, Antonio e Bruna.

Personalmente di ciascuno ho ricordi che affondano le radici nei miei primi anni di vita, ed anche per questo motivo la loro assenza si fa veramente sentire. Solo la fede ci sostiene, solo la certezza che “Gesù ha parole di vita eterna” ci aiuta a cercare di saper guardare oltre.

Antonio, qui sulla terra ha avuto una vita ricca di tanti doni, umanamente ha potuto mettere insieme soddisfazioni non senza toccare con mano limiti ed inadeguatezze, come ogni vita ne può constatare.

E’ stato letteralmente rapito ai nostri sguardi con una morte repentina, che niente faceva presagire.

Come non ricordare di Antonio la passione che metteva negli impegni e nei colloqui, nei suoi interventi durante gli incontri.

Come non ricordare la sua passione affinché fosse conosciuto ed apprezzato il giornale Avvenire che per molti anni ha proposto a centinaia di persone.

Come non ricordare la sua inesauribile disponibilità a guardare con occhi misericordiosi alle tante necessità che anche in parrocchia i poveri hanno sempre fatto presente.

Possiamo ritenere che anche a lui il Signore si sia rivolto dicendo “Vieni servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco ti darò autorità su molto”, ed anche “Vieni benedetto, perché avevo fame, avevo sete, ero forestiero…e mi hai assistito”.

Anche di Bruna potremmo dire che ci è stata rapita, tanto è stato fulmineo l’insorgere della malattia ed il suo decorso fino alla morte, appena quattro mesi. Bruna saliva al Padre proprio tre mesi fa.

Con Bruna ho avuto un rapporto del tutto singolare. Ciò che ci ha avvicinato è stato il percorso di preparazione alla Missione diocesana in vista del Giubileo del 2000. Bruna faceva parte del gruppo che coordinavo insieme a Monica, una ragazza di Collesalvetti. Quando è venuto il momento di scrivere al Vescovo per comunicare se ritenevamo di poter svolgere la Missione, Bruna non pensava di essere pronta, ma poi dette la propria disponibilità e così fummo uniti con altri due missionari per portare avanti la missione a Riparbella e Collemezzano, Marciana e San Benedetto.

Insieme abbiamo fatto tutti gli incontri di preparazione con e nelle comunità suddette; insieme abbiamo svolto le Missioni. Insieme poi abbiamo continuato il cammino per i Missionari una volta concluso il Giubileo.

Quando questo si è interrotto Bruna ha offerto una collaborazione sempre più convinta e generosa alla Associazione diocesana.

Era presente con la testa e con il cuore, sempre disponibile ad apprendere ed a mettersi in discussione, “stregata” dai giovani verso i quali guardava con grande speranza ed alle richieste dei quali mai faceva mancare la propria adesione.

Non c’è servizio che le sia stato richiesto, che non l’abbia vista convinta sostenitrice: dalla partecipazione attiva e propositiva agli incontri (anche in parrocchia), alla piegatura di InformAC compresa la predisposizione per la spedizione, alla preparazione logistica degli incontri, alla preparazione di merende, cene, pranzi.

Sapeva collaborare con gli altri, senza distinzioni. E tutto questo non facendo mancare la sua collaborazione ai mille rivoli nei quali si riversava la sua generosità, come aiuti concreti alla Caritas, visite agli ammalati, aiuti di varia natura a varie persone.

Niente la scoraggiava, si mostrava ed era sempre conciliante con gesti amabili e con schiettezza.

Nei molteplici e lunghi colloqui che con Bruna ho potuto fare, non di rado appariva il dispiacere di non aver potuto avere figli.

Cara Bruna, chi più di te è stata capace di generare bontà, mitezza, essenzialità? Sì, è vero, non hai dato la vita a creatura alcuna, ma qui sulla terra hai generato il Paradiso.

Per questo noi ringraziamo il Padre per averci fatto dono di te e di Antonio e per voi preghiamo.

Persone così ci mancano, ci sentiamo più soli e più poveri senza di loro. Ma persone così non sono le sole. Forse dobbiamo guardarci reciprocamente con occhi nuovi, che sappiano andare oltre alle piccole incomprensioni che in tutte le famiglie possono anche esistere, che non debbono impedirci di farci cogliere la presenza effettiva del Signore nei nostri fratelli.

Claudio

Pontedera, 8 dicembre 2003

Solennità della Immacolata Concezione di Maria