Non rimanga inosservato

I Pastori del popolo santo di Dio che vive in terra di Toscana, hanno recentemente scritto un Messaggio per “proporre alcune riflessioni che possano essere di orientamento” in vista di un ripensamento dei modelli sociali, economici e culturali.

Dico subito che questo è un Messaggio che non può passare inosservato; lascio, però, all’intelligenza del lettore se collocarlo tra le perle di lungimiranza, saggezza, profezia che la storia della Chiesa anche in Italia nel corso dei decenni ha donato oppure se tenerlo presente in quanto fin troppo generico, scontato, deludente (anche in questo caso non sarebbe certamente il primo).

Ovviamente non dirò il mio parere in merito.

Di seguito mi limito a fare alcune considerazioni molto “grossolane”.

Al terzo capoverso del Messaggio i Vescovi ne esplicitano gli intenti ed i destinatari. Per prima cosa chiedono a tutti (immagino si riferiscano ai cittadini e alle cittadine maggiorenni ) di praticare il diritto di voto (su tale richiesta non si dilungano).  A seguire svelano i destinatari: a quanti si accingono ad assumere responsabilità nelle istituzioni regionali (forse si rivolgono ai candidati non solo della Toscana?) segnalano alcune priorità.

Quindi, detto questo, con la lettura del terzo capoverso noi comuni cittadini (solo elettori) potremmo tranquillamente accantonare il Messaggio.

Per fortuna i nostri Vescovi dichiarano di “voler favorire un discernimento che valorizzi la ricerca del bene comune, scelte coerenti con il Vangelo e con la Dottrina sociale della Chiesa”. Certo è che sorge spontanea una domanda: di quale discernimento si parla? Se si parla del discernimento a livello di comunità cristiana allora potremmo auspicare che tale discernimento comunitario fosse tenuto in debita considerazione, proprio dai Vescovi, come criterio di verifica delle loro visite pastorali alle parrocchie ed ai vicariati in cui si articola la medesima comunità chiamata, doverosamente, a discernere.

Infatti, l’esperienza ed il confronto tra laici di diocesi anche diverse, fa emergere che il discernimento comunitario (su cui giustamente insiste Papa Francesco che addirittura lo ha chiesto al Convegno ecclesiale di Firenze per tutta la Chiesa italiana) è sovente tra gli obiettivi di Piani Pastorali che rischiano di spingersi poco oltre sterili slogans.

Indubbiamente occorre che i vari componenti come pure i vari carismi e ministeri della Chiesa si muovano incontro reciprocamente, come pure occorre onestamente dirci che ancora molto (in tale direzione) c’è da fare.

Quanto poi alle scelte coerenti con il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa, è pacifico che l’uno e l’altra dovrebbero costituire dei punti di riferimento, dei segnavia, per la comunità ecclesiale; punti di riferimento non soggetti , possibilmente, a disquisizioni e distinguo da parte dei credenti, ma è proprio così?

Non di rado capita che si erga qualche benpensante ancora a mettere in contrapposizione il magistero di Papa Francesco con quello di Papa Benedetto o di Papa Giovanni Paolo; nel Vangelo, parola di Salvezza, taluni disquisiscono su alcune sue pagine “troppo buoniste” e, la “sconosciuta ai più”, Dottrina sociale della Chiesa viene ritenuta poco più che una  raccolta di sagge indicazioni per “addetti ai lavori”.

Ho mantenuto la promessa, non sono andato oltre il terzo capoverso (e nemmeno me ne sono pentito). Mi rendo conto che posso solo suggerire di leggere le considerazioni dei Vescovi e, successivamente, ognuno ne tiri le debite considerazioni.

Mantengo l’altra promessa: non mi sbilancio a rendere evidenti quelle che io ho fatto, ammesso e non concesso che la tal cosa interessi a qualcuno o che sia di una qualche utilità.

Mi sia consentito, però, esprimere una lecita aspettativa dai nostri fratelli Vescovi: credo che dovrebbero chiedersi se sono ancora, questi che stiamo vivendo, i tempi delle enunciazioni o se, al contrario, varrebbe di più provare a condividere spazi di confronto, di reale ascolto, di sincero e franco dialogo. Con tutti.

Non sarebbe, anche in tal modo, segno di quella Chiesa dalle porte aperte che pratica la sinodalità, tante volte auspicata?

Del resto sono proprio gli stessi vescovi che, verso la conclusione del Messaggio, affermano che “l’imperativo è di farsi prossimi a tutti”; se è così (ed è così!) penso che occorra che tutti, nessuno escluso, mettiamo in pratica questo atteggiamento e stile di vita in modo che l’auspicio non resti solo tale.

Claudio

Messaggio dei Vescovi toscani

                                La pandemia, che ha colpito il mondo e ha provocato grandi sofferenze alla nostra gente, ci ha resi tutti più consapevoli di quanto sia fragile la sorte del genere umano e quindi di quanta responsabilità ricada su tutti noi nelle scelte che dovremo fare per il futuro della società.

                               Dopo le dolorose esperienze di questi mesi, molti si chiedono se non sia il caso di ripensare i modelli sociali, economici e culturali che hanno caratterizzato sinora la convivenza sociale e la vita delle persone. Come Vescovi toscani ci sentiamo di proporre alcune riflessioni che possano essere di orientamento per tale ripensamento, anche in vista delle prossime elezioni regionali. Vorremo favorire un discernimento che valorizzi la ricerca del bene comune, scelte coerenti con il Vangelo e con la Dottrina sociale della Chiesa. L’invito alla responsabilità e l’impegno per scelte solidali paiono risposte ineludibili per superare la difficoltà che stiamo attraversando.       

                               Come pastori delle Chiese che sono in Toscana vogliamo per prima cosa richiamare tutti a praticare il diritto di voto, segno di considerazione per la società in cui si vive. Vorremmo inoltre segnalare alcune priorità a quanti si accingono ad assumere responsabilità nelle istituzioni regionali.

È diffusa la sensazione che non sarà facile la ripresa economica del Paese e della regione dopo questa lunga emergenza. Occorrerà l’impegno di tutti, superando interessi settoriali e chiusure territoriali. Il richiamo vale per imprenditori e lavoratori, impegna a valorizzare le nostre ricchezze ambientali e culturali, implica una saggia e concorde politica delle infrastrutture, mette in guardia da situazioni di sfruttamento e dal pericolo di usure e infiltrazioni mafiose.

Papa Francesco ci richiama a un’“ecologia integrale” e a “proteggere la nostra casa comune” (Laudato si’, 10 e 13), con l’uso corretto delle risorse naturali e il rispetto dell’ambiente, nella consapevolezza della connessione tra crisi ambientale, crisi sociale e crisi antropologica. Anche la nostra bella regione ha bisogno di una speciale attenzione riguardo alla tutela e valorizzazione della “casa comune”. In questo contesto c’è da chiedersi se non sia doveroso alleggerire i centri urbani e favorire un ritorno nelle campagne, rivitalizzando così i piccoli centri, assicurando i servizi essenziali, tornando a dare importanza a gran parte del territorio regionale. Soprattutto auspichiamo che si sia in grado di ripensare il modello di sviluppo finora imperante, che nella ricerca del profitto ha troppo emarginato le persone e quindi il lavoro. Ci illuminino principi quali la giustizia, l’inclusione, la solidarietà, la sussidiarietà, la partecipazione, il bene comune.

I dati Istat dicono che la Toscana ha un tasso di natalità tra i più bassi d’Italia. La lotta al progressivo declino demografico necessita di interventi immediati e passa – in questo momento più che mai – attraverso un forte rilancio delle politiche per i giovani e per la famiglia, come pure nel riaffermare che la vita di un essere umano va difesa, accolta e tutelata sempre, sin dal suo concepimento. Per favorire la natalità e il rispetto della vita occorrono concrete politiche ricche di coraggiose iniziative a favore delle famiglie. Abbiamo visto, durante il lockdown, quanto siano stati preziosi i legami familiari, e quanto la solitudine delle persone, e degli anziani in particolare, sia un peso faticoso da portare.

La vita degli uomini e delle donne merita attenzione in ogni sua condizione, soprattutto quando è nella debolezza e nella fragilità, riconoscendo la dignità di ogni persona come bene irrinunciabile. Invitiamo quindi a non trascurare le situazioni di povertà, disagio ed emarginazione, e a guardare con attenzione le difficoltà che nascono dalla mancanza o dalla precarietà del lavoro. Auspichiamo che il bisogno di rinascita, che appartiene al sentire diffuso in questo tempo, tenga particolare conto delle “periferie umane” (Evangeliigaudium, 46) che sono state duramente colpite e che faticano a uscire dall’emergenza.

In questi mesi ci siamo resi conto dell’importanza del sistema sociosanitario del nostro Paese, che svolge un ruolo fondamentale soprattutto per la cura degli anziani, dei malati terminali e dei disabili. Questo senza dimenticare forme di cura della persona per le quali è decisivo l’apporto di badanti e cooperative. Ci auguriamo che si tenga conto anche del ruolo che il mondo cattolico ha avuto in questi mesi, le diocesi con le Caritas, le Confraternite, le altre realtà di azione solidale, e del fatto che esso è disponibile a svolgerlo anche per il futuro, auspicando che sia riconosciuto e promosso.

                               Siamo fortemente convinti che la scuola, ogni progetto di formazione dei giovani e quanto aggrega la vita sociale – utili strumenti per costruire un futuro migliore – sono obiettivi molto cari e praticati dai cattolici toscani. Tante realtà nate dagli istituti di vita religiosa, come pure in ambito parrocchiale o ecclesiale, svolgono un servizio che è rivolto all’intera cittadinanza e che deve essere riconosciuto e sostenuto come parte integrante del sistema scolastico regionale.

                               Non si afferma il nuovo senza considerare che un serio dialogo interculturale e interreligioso è una risorsa e previene gli estremismi che non appartengono alla nostra cultura. Quanti vengono a vivere in terra toscana sono una risorsa da accogliere e valorizzare, non un pericolo da temere, come potrebbe accadere se venissero abbandonati a se stessi. L’ottica dell’accoglienza e del dialogo impone una netta ripulsa di ogni espressione di antisemitismo e di odio razziale. L’imperativo è di farsi prossimi a tutti, senza frapporre frontiere etniche, culturali, religiose. Alla politica spetta una responsabilità particolare nel promuovere, anche nella comunicazione, il rispetto e la mitezza, evitando ogni forma di odio e discriminazione.

                               Le diciotto Chiese particolari della Toscana tornano a mettere a disposizione il proprio patrimonio spirituale, culturale, sociale e di vita comunitaria, di modo che su tutto prevalga il dialogo, il rispetto vicendevole e l’apprezzamento per le opinioni degli altri, in vista del bene comune.

Firenze, 20 luglio 2020

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