Veglia biblica febbraio 2021

Comunità parrocchiale San Giuseppe – Pontedera

a cura Azione Cattolica                                                                   26 febbraio 2021

Cari amici, care amiche…

Premessa

Il calendario della proposta di Percorso Biblico indica, alla data 26 febbraio, la seconda delle tre esperienze di “Parola di Lode”.

Ci siamo lasciati il 27 novembre 2020 con la prima delle tre proposte di “Parola di Lode” previste nel Percorso Biblico 2020/2021.

Speravamo che la situazione, dal punto di vista sanitario, fosse più serena ma, purtroppo, non è così.

Il traguardo raggiunto con la messa a punto dei vaccini entro la fine del dicembre scorso è un fatto molto positivo anche perché avvenuto in tempi che, nella primavera scorsa, erano assolutamente insperati; purtroppo però sono ancora assai insufficienti le dosi dei vaccini che arrivano in Italia come anche in Europa. Attendiamo, anche su questo versante, tempi migliori.

La lettura individuale dei testi biblici proposti sta procedendo con un occhio al bollettino quotidiano di contagi, malati, decessi, guarigioni. Non passa giorno in cui non siamo sollecitati a constatare il perdurare del disagio e, parimenti, a gettare il cuore oltre l’ostacolo per immaginare il dopo-pandemia.

Le sollecitazioni ci giungono da parenti, o amici o colleghi di lavoro ed hanno a che fare con presunti contagi, tamponi da eseguire o del cui esito qualcuno è in attesa; figli che arrivano anzitempo da scuola per una inaspettata, quanto preoccupante, quarantena preventiva.

Mentre attendiamo il vaccino si fa sempre più preoccupante l’espandersi delle varianti di questa “strana” forma virale; “strana” perché, soprattutto, ancora abbastanza sconosciuta.

La preoccupazione che percepiamo in coloro che condividono la nostra quotidianità, parla di fasce di età giovanili sensibilmente provate da una reciprocità di rapporti amicali necessariamente ridotta “in presenza”, ma racconta anche di sgomento e smarrimento in tanti per il lavoro che oggi c’è e domani potrebbe essere fortemente essere messo in discussione. Non possiamo non condividere la preoccupazione e, nello stesso tempo, rafforzati da tanti esempi virtuosi di solidarietà e fraternità, in uno sguardo di fede non manca la speranza.

Un altro motivo di grandissima preoccupazione e gravità è costituito dalla situazione da “abisso di umanità” che si sta registrando da mesi nella cosiddetta “rotta balcanica”. Se già non lo avete fatto, vi invitiamo a documentarvi e, nel limite del possibile, a sostenere materialmente oltre che con le preghiere, tanti nostri fratelli e sorelle bloccati o respinti da mesi.

Come associazioni cittadine di Azione Cattolica, lo scorso 7 febbraio abbiamo promosso una Veglia di Preghiera per la Pace al cui interno abbiamo proprio operato anche in tal senso.

Mentre scriviamo riecheggia una citazione ripresa da Papa Francesco (omelia nel monastero delle camaldolesi di Roma, 21 novembre 2013): “il meglio è sempre davanti a noi perché si tratta del “domani di Dio”.

Non possiamo non chiederci il significato di quanto sta avvenendo intorno a noi ed in noi.

La prima questione, può apparire banale, che ciascuno deve porsi è la seguente: sto rendendomi conto di ciò che sta avvenendo intorno a me?

Probabilmente, se sono centrato su me stesso, tendo a sottostimare il momento epocale che siamo chiamati a vivere.

Posto che di ciò mi renda conto, ne consegue una seconda questione: tutto questo mi lascia indifferente? Come sto reagendo e quali azioni pongo in essere, di conseguenza?

Chiaramente i quesiti da cui ciascuno è chiamato a lasciarsi interpellare sono molteplici. Spetta a noi lasciarli emergere dal profondo ed in verità provare ad assumerli.

Anche questo secondo appuntamento ci vedrà “ritrovarci” in un modo alternativo al consueto, ovvero non in presenza ma “spiritualmente uniti”.

Dobbiamo ancora augurarci che “a Dio piacendo” ci siano, in un prossimo futuro, altre occasioni in cui potremo guardarci negli occhi e, magari, mostrare anche un volto sereno e privo di mascherina.

Quindi?

Quindi, semplicemente, viene qui offerto un modesto strumento di riflessione; per chi vorrà utilizzarlo potrà essere un ulteriore aiuto a far salire al Padre quei “gemiti inesprimibili” dello Spirito (Rm. 8,26) e lo faremo insieme, da fratelli, da sorelle, proprio come è la nostra realtà vista dagli occhi dell’unico Padre.

Non si tratta di una Veglia di preghiera, vuole essere piuttosto una pro-vocazione a rendere, con balbettii e gemiti, la personale lode al padre che perdutamente ci ama.

Il cammino penitenziale della Quaresima da poco iniziato ci veda solleciti a rimuovere dai nostri cuori le incrostazioni di egoismo, indifferenza, tiepidezza tanto antipatiche, ancora oggi, a Gesù e contrarie al suo Vangelo.

Note metodologiche

Ritaglia il tempo necessario per questo percorso personale e, contemporaneamente, “spiritualmente” comunitario. Puoi decidere liberamente se viverlo in un unico giorno o, a più riprese, in giorni successivi. Annota, prendi appunti, cerca di aprirti alla curiosità che da qualche parte ti si prospetta e…assecondala per andare oltre. Alcune note di metodo le troverai disseminate nel percorso di riflessione.

I personaggi biblici di Gedeone, Rut, Samuele e Davide ci attendono, possiamo scegliere di suddividere in due tempi questo spazio di riflessione e di lode (Gedeone e Rut in un giorno, Samuele e Davide in un altro).

Buona “Parola di Lode”, insieme.

Gli Amici dell’AC

Preghiera di Invocazione allo Spirito Santo

Spirito di Dio, donami un cuore docile all’ascolto.

Togli dal mio petto il cuore di pietra

e dammi un cuore di carne

perché accolga la parola del Signore

e la metta in pratica (Ez 11,19-20).

Voglio ascoltare che cosa dice il Signore (Sal 83,9).

Fa’ che il tuo volto di Padre

risplenda su di me e io sarò salvo (Sal 80,4).

Mostrami la tua via, perché nella tua verità io cammini;

donami un cuore semplice

che tema il tuo nome (Sal 86,11).

Fa’ che io impari il silenzio vigile di Nazaret

per conservare, come Maria, la Parola dentro di me.

Per lasciarmi trovare da Dio che incessantemente mi cerca.

Fa’ che io mi lasci penetrare dalla Parola

“per comprendere con tutti i santi

quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità,

e conoscere l’amore di Cristo” (Ef 3,18-19).

Fa’ che io sperimenti nella mia vita

la presenza amorevole del mio Dio

che “mi ha disegnato

sulle palme delle sue mani” (Is 49,16).

Fa’ che io non ponga ostacoli alla Parola

che uscirà dalla bocca di Dio.

Che tale Parola non torni a lui

senza aver operato in me ciò che egli desidera

e senza aver compiuto ciò per cui l’hai mandata (Is 55,11)

Vogliamo ora metterci in silenzioso e credente ascolto della Parola di Dio. Essa ci rivela la pre­senza di Dio nella storia del mondo: una storia di amore e di salvezza. Di un amore fedele nono­stante le infedeltà dell’uomo e che raggiunge il culmine “nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti”. (Deus Caritas Est).

Mi hai chiamato, eccomi!

Canto

1. Gedeone, chiamato alla battaglia per il suo popolo

La vocazione di Gedeone si inserisce nel contesto delle continue infedeltà del popolo di Israele, infedeltà che causano l’abbandono di quest’ultimo nelle mani dei nemici da parte del Signore; ma Dio non resta adirato per sempre e suscita, ogni volta, una figura di condottiero che guidi Israele alla lotta contro gli oppressori stranieri.

Dal Libro dei Giudici (Gdc 6,11-16)

Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita. Gedeone, figlio di Ioas, batteva il grano nel frantoio per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!». Gedeone gli rispose: «Perdona, mio signore: se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: “Il Signore non ci ha fatto forse salire dall’Egitto?”. Ma ora il Signore ci ha abbandonato e ci ha consegnato nelle mani di Madian». Allora il Signore si volse a lui e gli disse: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?». Gli rispose: «Perdona, mio signore: come salverò Israele?Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre». Il Signore gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo». Gli disse allora: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che proprio tu mi parli. Intanto, non te ne andare di qui prima che io torni da te e porti la mia offerta da presentarti». Rispose: «Resterò fino al tuo ritorno». Allora Gedeone entrò in casa, preparò un capretto e con un’efa di farina fece focacce azzime; mise la carne in un canestro, il brodo in una pentola, gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì. L’angelo di Dio gli disse: «Prendi la carne e le focacce azzime, posale su questa pietra e vèrsavi il brodo». Egli fece così

Commento

Gedeone non è un uomo improvvisamente convertito alla causa di Dio. Quando viene chiamato dall’angelo è già impegnato a contrastare il nemico madianita e lo fa cercando di preservare il cibo dai saccheggi. Non è un uomo che se ne sta fermo lamentandosi della cattiva sorte del suo popolo, bensì si adopera attivamente e questo forse ha colpito il Signore, che lo sceglie come capo della resistenza al nemico. Come tutti i chiamati, anche Gedeone, però, si sente inadeguato e lo manifesta: ogni vocazione, d’altronde, sembra scontrarsi con i limiti, le debolezze, le infedeltà dell’uomo. Gedeone si sente povero e piccolo, sente di avere pochi strumenti per contrastare l’invasore. Ma viene rassicurato proprio su ciò: Dio sarà con lui; Dio sarà la sua forza. Il Signore, ancora una volta, garantisce che, se ci si affida a lui, nulla è impossibile. Gedeone, così, passerà dal battere il grano al battere i nemici; Dio si conferma un grande custode dei carismi personali: anche se scombinai nostri progetti e le nostre sicurezze, mai fa violenza alla nostra natura. Anzi, si serve di quello che, in ciascuno di noi, è più autentico, per portare avanti il disegno di salvezza per ogni uomo.

Gedeone uomo di fede e strumento di salvezza

Gedeone vinse la guerra senza combattere, ma facendo tutta questa operazione, quindi impegnandosi con tutto se stesso, riconoscendo però che la salvezza viene dal Signore.

È una figura della fede molto importante, perché è l’eroe carismatico che non vince i nemici con la sua forza, ma si fida del Signore, fa quello che il Signore gli ha detto e di fronte all’atteggiamento di fiducia il nemico fugge, il nemico crolla.

L’esercito dei vizi e dei peccati viene sgominato da una persona che si fida. Quando alla fine del vittorioso inseguimento tutte le tribù saranno entusiaste, offriranno a Gedeone la corona di re. È l’occasione buona per incoronare Gedeone re, ma lui rifiuterà con una formula molto importante: “Solo il Signore è il re di Israele”.

 Ecco la professione di fede di Gedeone: io non accetto di far il re, in Israele l’unico re è il Signore.

Davanti a Pilato, secoli dopo, i rappresentanti ufficiali della religione di Israele tradiranno l’alleanza dicendo: “Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”. I sommi sacerdoti accettano come re l’imperatore romano: non ne abbiamo altro.

E il Signore Dio? È lui l’unico nostro re! Chi ha raccontato questa storia lo ha fatto proprio per mostrare come il più piccolo, della tribù più povera, senza combattere e solo con trecento uomini, riesce a sconfiggere un esercito numerosissimo, perché è il Signore che salva, non la mia mano. “Siamo salvi per fede” è il messaggio che la tradizione biblica ci insegna nell’Antico e nel Nuovo Testamento.

Canto

2. “Il Signore ha visitato il suo popolo” (Rut 1,6)

La storia di Rut, la forza di una donna, contro-testimonianza all’attuale fragilità della vita e dell’amore.

Probabilmente siamo rimasti favorevolmente impressionati dalla lettura di questo piccolo capolavoro, un testo diverso dai classici libri della Scrittura; ci racconta una vicenda ordinaria, una storia ambientata in un mondo lontano e tuttavia vicina a noi per le questioni attualissime che affronta. Si parla di solidarietà, di giustizia, dell’opera di Dio nella storia, del rapporto con le persone straniere e diverse da noi… tutti temi che sono particolarmente vivi nella nostra cultura contemporanea. Il libro prende il nome dalla sua protagonista, Rut, una donna straniera che viene dalla terra di Moab, una terra particolare per la storia di Israele, come leggiamo nel libro del Deuteronomio: “L’Ammonita e il Moabita non entreranno nella comunità del Signore; nessuno dei loro discendenti, neppure alla decima generazione, entrerà nella comunità del Signore. Non vi entreranno mai, perché non vi vennero incontro con il pane e con l’acqua nel vostro cammino, quando uscivate dall’Egitto, e perché, contro di te, hanno pagato Balaam, figlio di Beor, da Petor in Aram Naharàim, perché ti maledicesse. Ma il Signore, tuo Dio, non volle ascoltare Balaam, e il Signore, tuo Dio, mutò per te la maledizione in benedizione, perché il Signore, tuo Dio, ti ama. Non cercherai né la loro pace né la loro prosperità; mai, finché vivrai” (Dt 23,4-7). Attraverso questa storia semplice e ordinaria, incontriamo figure di alto spessore umano e religioso: personaggi che vivono le loro vicende alla luce dell’esperienza di fede nel Dio di Israele, incarnandola nel quotidiano, nella storia feriale di tutti i giorni.

Costituisce una parte significativa della presente “Parola di Lode”

Questo libro sacro, nel suo intreccio fatto di una intensa trama narratrice e di un ricco e suggestivo insieme di immagini, pur nella sua brevità, è un testo di una rara ricchezza e di una incomparabile profondità di espressione, un autentico canto alla provvidenza divina. Nei pochi capitoli del libro sacro si raccontano eventi che riguardano la protagonista che prima precipitano verso una grande tragedia per poi risalire verso un lieto e insperato fine, una volta che gli ostacoli vengono superati uno ad uno, in modo speciale con il suo essere straniera, in mezzo ad una società estremamente chiusa, e con l’amore incondizionato verso la suocera. E così la protagonista moabita, che in verità è anche l’antenata del re Davide e quindi dello stesso Gesù, passa attraverso prove ed afflizioni, ma alla fine riceve la sua meritata ricompensa per la sua eroica fedeltà…

Nella catechesi sul libro di Rut, si parte sempre dalla storia triste di Noemi, che vede distrutta la sua famiglia. Perde infatti nel giro di breve tempo, per eventi misteriosi, prima il marito Elimelech e poi i due figli maschi, che nel frattempo, nella zona di Moab, si erano ben sistemati sposando due ragazze del posto. Pagane, ma cortesi e attente.
Ma ecco che la prova si abbatte su Noemi, al punto che lei chiede di essere chiamata non più Noemi (che vuol dire dolcezza mia!) ma Mara, cioè amarezza!
Quel nome di Mara rappresenta benissimo tutta l’amarezza di tante famiglie e di tanti giovani e di tanti poveri anche della nostra parrocchia che non trovano lavoro, che hanno contratti a breve scadenza, che non riescono più a progettare una famiglia loro. Costretti amaramente a vivere di espedienti o a stare sulle spalle della famiglia!
Ma potrà Mara tornare ad essere Noemi? Questa è la sfida che ci spetta come chiesa locale,  come società odierna davanti a tante lacrime di giovani, di famiglie, di poveri, che ben conosciamo.

L’itinerario del libro di Rut è segnato da 5 punti.

1. La prossimità di Rut, nuora vicina alla suocera, che non la lascia, che la ama gratuitamente. La sua fedeltà va contrapposta alla fuga di Orpa, che vuol dire l’opposto. Infatti mentre Rut vuol dire amica fedele, Orpa significa Colei che mostra le spalle! Ci chiediamo come chiesa italiana se noi siamo, nella crisi attuale, come Orpa o come Rut?

2. Decidono così di ritornare a Betlemme, da cui Noemi era partita con la sua famiglia, piena allora di speranza. E’ un ritorno molto triste con infinite delusioni. Ma trovano una grossa opportunità. Si sta infatti mietendo l’orzo, che diviene il simbolo di tutte le realtà ben tipicizzate di un territorio. E’ la speranza fatta segno!

3. Subito Rut coglie l’opportunità e dice con franchezza e coraggio: Io vado a spigolare.
Spigolare è il simbolo di ogni precarietà sociale che ci attraversa. Perché tutto dipende dal capriccio di chi ti sta avanti. Sei nulla. Eppure, Rut è descritta come una lavoratrice solerte, delicata, zelante, positiva. Non si scoraggia, non si lamenta, ma anzi, mette nel suo lavoro precario tutta una sua “regalità” di stile,che la rende meravigliosa, ammirata da tutti gli altri mietitori. E’ il lavoratore che dà dignità al lavoro e non il lavoro che lo rende degno.

4. Interviene in questa scena la figura di Booz, che è il proprietario del campo. Osserva con occhi puliti quella ragazza, bella e brava. E se ne innamora. Perdutamente. Consigliata dalla suocera, Rut avanza la sua proposta matrimoniale, con purezza ma anche con decisione. In un intreccio di segni meravigliosi, che rendono il racconto carico di suspense.

5. Ed ecco, in questa bellissima storia d’amore la gioia di un bimbo, Obed, nato da Rut ma cullato da Noemi. Ora realmente, Mara diventa di nuovo Noemi! Tutte le donne di Betlemme hanno notato la trasformazione, la nuova dignità, la paura cacciata. A noi, raccogliere questa storia antica e farne un itinerario di speranza.

Pro-vocazioni per riflettere

  • Quali sono i momenti della mia vita che ritengo maggiormente significativi e che hanno determinato

una svolta nella mia vita?

  • Come ho affrontato questi momenti, soprattutto quelli difficili, a livello interiore, come li ho vissuti nel mio rapporto con Dio?
  • Quali criteri mi hanno maggiormente guidato nei momenti chiave (scelta della professione, del

ministero, dello stato di vita ….?); le motivazioni iniziali sono le stesse oggi?

  • Come affronto oggi le scelte significative, con quali convinzioni e motivazioni profonde?
  • Per quali realtà uso l’aggettivo possessivo mio/nostro? (cf 1,16).
  • Per caso… come mi pongo davanti agli eventi significativi della mia vita personale? Come vivo il loro accadere nella mia vita? e di fronte agli eventi della mia famiglia? e a quelli della Storia?

Rut si muove seguendo il suo cuore (non solo la legge), lì dove risuona la voce del Signore che chiama a vivere relazioni di solidarietà e di hesed, amore benevolente.

  • Come è il mio rapporto con la legge/le leggi (morale e civile)?
  • La solidarietà di queste donne porta frutti insperati: facciamo memoria di quando abbiamo sperimentato che “si è più beati nel dare che nel ricevere” (At 20,35).
  • Grazie alla loro tenacia, alla fiducia reciproca, al dialogo, i protagonisti superano le varie difficoltà di ordine economico, sociale, giuridico. Quanto e come coltiviamo nella nostra vita queste attitudini (in famiglia, in comunità, nel lavoro …)?
  • YHWH è il go’el per eccellenza. È lui che garantisce la giustizia e che si prende cura del suo popolo e dei suoi membri. Facciamo memoria di quando nella nostra vita abbiamo sperimentato questa cura forte e premurosa di Dio per noi.

Proviamo a scrivere un personale inno di lode al Signore per i suoi benefici.

  • Booz acconsente a essere go’el di Rut e questo apre possibilità nuove per tutti. Quanto ci sentiamo go’el per gli altri? Quale posto hanno nella nostra vita gli emarginati, i poveri, i lontani, gli stranieri?

Preghiamo perché il Signore cambi i nostri cuori duri e ci dia un cuore di carne, capace di compassione e consolazione.

Decidiamo un gesto di solidarietà e di speranza che possiamo compiere a breve.

  • La relazione di affetto che lega Rut a Noemi è tale da generare vita per Rut, per Noemi, per Booz. L’affetto, la solidarietà, l’amore sono sempre fecondi e generano vita. Riflettiamo sui criteri che fondano le nostre scelte, che accompagnano il nostro agire. La carità è la norma fondamentale della nostra vita?
  • Il cambiamento che Dio opera è sempre per il bene. Come ci poniamo di fronte alla “volontà di Dio”? La cerchiamo con gioia? con timore? con rassegnazione? con….??
  • La parola del Signore apre orizzonti inaspettati: attraverso Rut la moabita si attua il progetto di salvezza che Dio ha preparato per il suo popolo e per tutti. Come ci poniamo di fronte a questa scelta di Dio?
  • Ci mette a disagio il fatto che Rut sia una straniera? una pagana? una donna?

Il cristiano non può non guardare con speranza al presente e al futuro della storia. Lasciamoci riempire come Rut e Noemi di speranza, per poterla donare: una misura buona, pigiata, colma e traboccante di speranza ci sarà versata nel grembo.

Prendiamo un po’ di tempo per ripensare al cammino di ascolto della Parola di Dio.

Scriviamo brevemente parole, osservazioni, decisioni, intuizioni perché possiamo farne tesoro e riprenderle in futuro.

Arte – Rut e Booz di Nicolò Bambini

Canto

3. Samuele, scelto come servo della Parola

In silenzio, mettiamoci alla presenza del Signore

Invochiamo lo Spirito Santo

Vieni, santo Spirito, vieni!

Irrompa il tuo amore

con la ricchezza della tua fecondità.

Diventi in me sorgente di vita, la tua vita immortale.

Ma come presentarmi a te

senza rendermi totalmente disponibile,

docile, aperto alla tua effusione?

Signore, parlami tu: cosa vuoi che io faccia?

Sto attento al sussurro leggero del tuo Spirito

per comprendere quali sono i tuoi disegni,

per aprirmi alla misteriosa invasione

della tua misericordia.

Aiutami a consegnarti la mia vita,

a offrirti un gesto di amore,

un gesto di speranza,

che ti muova a irrompere nella mia esistenza.

card. Atanasio Ballestrero, † 1998

Nella notte una voce

Abbiamo spesso ricordato che – come suppone la radice alla base della parola «vocazione» – alla sorgente di una chiamata c’è una «voce» che risuona nella coscienza di una persona. Essa può echeggiare nella notte, quando brilla solo una piccola lampada, come accade al giovane Samuele che sta dormendo nel santuario di Silo, retto dal sacerdote Eli. La storia di questo ragazzo era iniziata anni prima, attorno al 1050 a.C., ed è narrata nelle pagine iniziali del Primo Libro di Samuele: la sua venuta al mondo da una madre sterile era stata un puro e semplice dono divino, frutto della preghiera insistente e appassionata di questa donna di nome Anna.

Noi, però, ci fermeremo ora solo su quella notte squarciata da una voce misteriosa che interpella improvvisamente questo ragazzo assonnato (1Samuele 3). Egli non riesce a identificare la matrice di quella voce, anche perché – annota l’autore sacro – «in quei giorni la parola del Signore era rara», e Dio si rivelava distante da un popolo non certo sensibile alla fede e alle sue esigenze, come attestava il comportamento corrotto dei figli del sacerdote Eli. Samuele, perciò, pensa spontaneamente che quel grido notturno venga dal vecchio sacerdote, suo maestro.

La voce che chiama risuona per tre volte, scuotendo questo giovane che ignorava la possibilità stessa che l’appello venisse da un orizzonte diverso da quello in cui si snodavano i suoi giorni di “seminarista”, per usare un nostro termine. Alla terza chiamata, però, il saggio Eli comprende la vera natura della voce che risveglia Samuele e rivela la sua anima di educatore che non si sostituisce all’eletto ma lo guida all’incontro: «Se ti chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta!».

Da quel momento Samuele stesso, interpellato per la quarta volta, diventa parola di Dio, è costituito suo profeta, e la missione si manifesta subito in un oracolo di giudizio. I ruoli si invertono: finora il giovane era stato discepolo di Eli, tant’è vero che correva subito da lui di fronte all’esperienza inedita vissuta in quella notte; ora, invece, sarà il suo maestro ad ascoltare il messaggio divino perché d’ora innanzi sarà solo il Signore la guida e il protettore di Samuele.

L’ordito del racconto di questa vocazione è graduale, è una scoperta progressiva che comporta diverse tappe incomprese dal chiamato. Non è un taglio unico, netto e assoluto come la via di Damasco dell’apostolo Paolo. È piuttosto una lezione che conduce, anche attraverso lentezze e fallimenti, dall’incomprensione all’intelligenza della meta a cui la chiamata conduce. Ci può essere persino una fase di disillusione: è curioso notare che nella seconda replica dell’appello divino e della reazione di Samuele l’autore sacro non usi più il verbo “correre” come nelle altre tappe, ma il più normale “andare”, quasi che il giovane si trascinasse senza convinzione alla ricerca dell’identità di quella voce notturna.

È, questa, una storia di vocazione che registra, come sempre, l’intreccio tra la chiamata efficace divina e la risposta legata alla libertà e alla comprensione umana. E l’avventura in cui il giovane è coinvolto sarà enorme e grandiosa: Samuele, infatti, dovrà deporre re, spingere il popolo a battaglie, scontrarsi con il potere ed essere coscienza dell’intera nazione. Un sapiente biblico, il Siracide, quasi nove secoli dopo, gli dedicherà un ritratto glorioso (46,13-20), con questo cammeo significativo: «Prima dell’ora del suo sonno eterno Samuele attestò davanti al Signore e al suo Messia: “Né denari né sandali ho preso da nessuno” » (46,19).

Gianfranco Ravasi

Cardinale arcivescovo e biblista

da: Famiglia Cristiana, 19.7.2018

Arte – Samuele di Ingolberto nella Bibbia di Carlo il Calvo

Canto

4. Davide, un uomo secondo il cuore di Dio

Vocazione di Davide: 1Sam 16, 1-13

1 Il Signore disse a Samuele: “Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l’ho ripudiato perché non regni su Israele? Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono SCELTO tra i suoi figli un re“. 2Samuele rispose: “Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà”. Il Signore soggiunse: “Prenderai con te una giovenca e dirai: “Sono venuto per sacrificare al Signore”. 3Inviterai quindi Iesse al sacrificio. Allora io ti farò conoscere quello che dovrai fare e ungerai per me colui che io ti dirò”. 4Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti e gli chiesero: “È pacifica la tua venuta?”. 5Rispose: “È pacifica. Sono venuto per sacrificare al Signore. Santificatevi, poi venite con me al sacrificio”. Fece santificare anche Iesse e i suoi figli e li invitò al sacrificio. 6Quando furono entrati, egli vide Eliàb e disse: “Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!”. 7Il Signore replicò a Samuele: “Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo VEDE l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”. 8Iesse chiamò Abinadàb e lo presentò a Samuele, ma questi disse: “Nemmeno costui il Signore ha scelto”. 9Iesse fece passare Sa0mmà e quegli disse: “Nemmeno costui il Signore ha scelto”. 10Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: “Il Signore non ha scelto nessuno di questi”. 11Samuele chiese a Iesse: “Sono qui tutti i giovani?”. Rispose Iesse: “Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge“. Samuele disse a Iesse: “Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui”. 12Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: “Àlzati e UNGILO: è lui!”. 13Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama.

Approccio alla Parola di Dio

La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.” (Eb 4, 12)

Quando ci avviciniamo alla Parola di Dio, non ci stiamo avvicinando ad una lettera morta, bensì ad una parola che è sorgiva, una parola che in se porta germi di vita. La parola di Dio è vivificante proprio perché abitata, voluta, ispirata dallo Spirito Santo che è il Vivificatore per eccellenza. Ogni parola contenuta nella sacra Scrittura è impregnata di vitalità ed è davvero capace di far sorgere germogli di vita da ceppi secchi e aridi. È come una pioggia rigenerante e dissetante, nel deserto della vita che molte volte propone soltanto orizzonti di falsi miraggi. Una parola poi che è davvero efficace perché realizza ciò che dice, è capace di realizzare nel cuore che l’accoglie una vita nuova, una vita rinnovata. Questa parola è così efficace, perché Dio stesso l’ha dotata di questa operosità. Nessuna parola come questa riesce a raggiungere il cuore, a squarciare dubbi, barriere, opposizioni senza portare morte. È l’unica parola che è capace di entrare direttamente nel cuore dell’uomo, senza distruggere nulla! Una spada per giungere al cuore normalmente trapassa la carne, la distrugge e di sicuro porta con se germi di morte. Mentre questa Parola pur essendo più affilata di ogni spada, giunge lì dove può fruttificare portando doni di pace, misericordia, perdono, gioia. Quando ci accostiamo alla Parola, teniamo presente che non è una parola qualsiasi ma La Parola di Dio, che può davvero dissetarci e sfamarci per l’eternità.

Spunti per la meditazione personale

Rileggi con calma il testo di 1Sam 16, 1-13. Soffermati su quelle parole o frasi che rapiscono la tua attenzione e chiediti cosa vogliono dire alla tua vita. Può essere utile appuntarti su un foglio o quaderno ciò che lo Spirito ti suscita in questo momento di meditazione Le riflessioni e le domande che trovi di seguito, vogliono essere solo una traccia per aiutarti ad aprire il cuore e a lasciare che Dio vi prenda dimora. Al termine concludi con una breve preghiera di ringraziamento a Dio per quanto ti ha donato.

  • Dio entra profondamente nella tua vita, entra nell’intimità della tua anima! Dio ti sceglie, continuamente sei oggetto dei suoi pensieri, continuamente posa il suo sguardo su di te. Sceglie Te, proprio te! La scelta di Dio è singola, ma per il bene di tutti. Perché Dio sceglie alcuni uomini/donne? Non potrebbe starsene nel suo mondo senza entrare nelle questioni umane? Sarebbe molto più facile per Lui starsene lontano da noi e lasciarci preda dei nostri giorni o del nostro “destino”! Invece no, Lui sceglie di entrare nella tua storia, sceglie di abitare nella tua vita, sceglie di uscire da se per venire incontro a Te.
  • Dio vuole instaurare una relazione con te: vuole che diventi il suo Tu! Tu, semplice uomo/donna puoi metterti in relazione con Dio, perché Dio ferma il suo sguardo proprio su di Te. Cosa ha visto in te? Sicuramente qualcosa di speciale!
  • Come sceglie Dio? Se l’uomo sceglie guardando alle apparenze, egli invece guarda direttamente al cuore. Egli ti sceglie, conoscendo profondamente il tuo cuore. Il tuo cuore, la tua anima… quanti desideri ti animano! Il tuo cuore com’è? C’è gioia o tristezza? C’è pace o guerra? Cos’è che ti provoca sofferenza? Dio conosce tutto il tuo cuore, conosce le tue ferite, conosce le tue preoccupazioni, conosce i tuoi problemi, conosce i tuoi fallimenti, conosce i tuoi affanni, conosce i tuoi desideri, ciò che più ti interessa, i tuoi sogni. Fai entrare Dio dentro te, affinché possa aiutarti, possa illuminarti, possa guarirti interiormente, possa realizzare i desideri del tuo cuore.
  • Dio sceglie ogni uomo/donna e lo chiama non in un luogo o in un’occasione particolare. Viene nella tua giornata, viene nell’ambiente in cui vivi, viene nella tua famiglia, viene dove stai! Ti ha scelto quando sei stato concepito, ti ha scelto quando sei nato nella Chiesa, ti ha scelto quando hai ricevuto l’Eucarestia, ti sceglie ogni qual volta agisci nel bene, ti sceglie e ti chiama continuamente. Ti chiama per stare con lui e per realizzarti pienamente. Quando ti incontri con Dio, hai l’occasione di conoscerti pienamente, perché conoscendo Lui conosci Te.
  • “Il cuore è la dimora dove sto, dove abito (secondo l’espressione semitica o biblica: ­«discendo»). E’ il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. E’ il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’alleanza.”
  • (Catechismo Chiesa Cattolica, 2563)

Pro-vocazioni per riflettere

1. Cosa provi nel sapere che sei continuamente scelto da Dio e che su di te posa il suo sguardo, che puoi realmente metterti in relazione e in dialogo con Lui?

2. Dio sceglie non fermandosi alle apparenze, ma entrando nel cuore. Hai paura di non essere amato, di essere rifiutato, scartato perché indifeso, inesperto? Quanto le tue scelte sono condizionate dalla sola esteriorità? Quanto lasci davvero che Dio dimori nel tuo cuore, nella tua vita, nei tuoi desideri, nelle tue scelte?

3. Pensa ad una o più occasioni in cui sei stato scelto! In quante occasioni sei stato scelto per le qualità del tuo cuore? Quanti hanno messo in risalto la tua interiorità fatta di sentimenti positivi/negativi, affetti, valori, emozioni? Cos’è che Dio può aver trovato in te di bello, di speciale, di unico tanto da spingerlo a sceglierti e ad amarti?

Arte – Davide e Gionata di Cima da Conegliano

Canto

Considerazioni, in “conclusione”…

Incamminiamoci su sentieri di speranza, perché

… la speranza tiene l’uomo in cammino

Dio ha elevato l’uomo, gli ha dato la prospettiva di ampi e liberi orizzonti, ma l’uomo rimane indietro e s’affloscia.

Dio promette una nuova creazione di tutte le cose nella giustizia e nella pace, ma l’uomo agisce come se tutto fosse e rimanesse tale e quale. Dio lo onora facendogli la sua promessa, ma l’uomo non si crede capace di ciò che Dio si aspetta da lui. Questo è il peccato che minaccia nell’intimo il credente. Ciò che lo accusa non è il male che egli fa ma il bene che trascura, non i suoi delitti, ma le sue omissioni lo accusano di mancare di speranza.

Chi abbandona la speranza non deve necessariamente mostrare una faccia disperata; può trattarsi della semplice e silenziosa mancanza di significato, di prospettiva, di futuro, di scopo. Rimane una certa noia di vita, una vita vissuta senza piena partecipazione.

Per la speranza cristiana invece il mondo è pieno di ogni cosa possibile, ossia di tutte le possibilità del Dio della speranza. Essa vede la realtà e gli uomini nella mano di colui la cui voce investe la storia provenendo dalla fine della storia: «Ecco, io faccio ogni cosa nuova», e nell’ascolto di questa promessa essa acquista la libertà di rinnovare la vita quaggiù e di trasformare la figura di questo mondo.

J. Moltmann, Teologia della speranza

COLUI CHE SPERA IN TE

O Dio infinitamente buono,

potente e fedele alle tue promesse,

che sarebbe di noi,

in mezzo alle innumerevoli difficoltà

da cui la nostra vita è attraversata,

se non avessimo la dolce speranza

che tu pensi a noi, ti occupi di noi,

e che non vuoi che siamo tentati

oltre le nostre forze?

Donami, dunque, la grazia di ricordare sempre

ciò che ci hai promesso:

la tua gloria nel cielo, se noi osserveremo la tua legge,

e, sopra la terra, i mezzi per camminare

nella via dei tuoi comandamenti.

Rendimi consapevole di questa consolante verità:

che tu vuoi davvero la salvezza di tutti gli uomini.

E la tua grazia non è mai rifiutata

a chi la domanda con abbandono e umiltà.

O Dio, che hai detto che colui che spera in te

non sarà mai confuso,

infondimi questa soave speranza,

per cui mi aggrappi a te con quel vivo amore

con il quale un bambino si aggrappa al più dolce dei padri

e alla più dolce delle madri.

Louis Bourdaloue, † 1704

IL CIELO QUI SULLA TERRA

Certo, bisogna desiderare il cielo, ma prima che il cielo ci sia dato, il Cristo ci comanda di realizzarlo qui sulla terra, di comportarci sulla terra come se fossimo nel cielo e di portare nelle nostre preghiere la sollecitudine del mondo intero.

Giovanni Crisostomo, † 407

La nostra vita, adesso, è speranza, poi sarà eternità.

Agostino, † 430

Se persisti nella pazienza, pregherai sempre con gioia.

Evagrio Pontico, † 399

DAMMI OCCHI NUOVI, SIGNORE,

PER CONTEMPLARE LE TUE MERAVIGLIE!

Signore nostro Dio, crediamo in te,

Padre e Figlio e Spirito santo.

Dirigendo il mio slancio secondo questa regola della fede,

per quanto ho potuto,

per quanto tu mi hai concesso di potere,

ti ho cercato e ho desiderato vedere con l’intelligenza

ciò che ho creduto e ho molto disputato e molto faticato.

Signore, mio Dio, mia unica speranza,

esaudiscimi

e fa’ sì che non cessi di cercarti per stanchezza,

ma cerchi il tuo volto con ardore.

Dammi tu la forza di cercare,

tu che hai fatto sì di essere trovato

e mi hai dato la speranza di trovarti

con una conoscenza sempre più perfetta.

Davanti a te sta la mia forza e la mia debolezza:

conserva quella, guarisci questa.

Davanti a te sta la mia scienza e la mia ignoranza:

dove mi hai aperto ricevimi,

dove mi hai chiuso aprimi quando busso.

Fa’ che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te,

che in te ponga tutta la mia speranza. Amen.

Agostino, † 430

La ballata della Speranza (D.M. Turoldo)

 SIGNORE, COSA VUOI CHE IO FACCIA?

Abbiamo ascoltato, meditato, pregato.

La Parola ci chiede ora di essere vissuta

nella concretezza di tutti i giorni, a cominciare da OGGI:

Spera nel Signore, Sal 27(26),14

sii forte,

si rinsaldi il tuo cuore

e spera nel Signore.

***

Appuntamento

al 9 marzo p.v. alle ore 21,15

per l’incontro con don Valerio Barbieri

che ci proporrà l’introduzione

al Libro dei Re (1 e 2)

(verrà reso noto il link con le credenziali di accesso)