Una Parola per la vita

È stato pubblicato il libro “Perché nulla vada perduto – Il nostro percorso dalla memoria alla speranza”; dal 3 ottobre u.s., settimana dopo settimana, pubblico il commento che sui testi (nelle varie liturgie) don Enzo fece negli anni 1995-1996.

Infatti si tratta di letture liturgiche di alcuni giorni domenicali e festivi dei cicli C ed A; l’attuale anno liturgico è quello A.

Un modo come un altro per continuare a farci provocare dalla sua meditazione sui testi sacri; una riflessione acuta e profonda, non meno che puntuale, offerta a noi in modo serio e pacato, come da sua consuetudine.


26 gennaio 2020 – III tempo Ordinario

Is 8, 23b – 9, 3; Sal 26; 1 Cor 1, 10-13.17; Mt 4, 12-23

Gesù, racconta Matteo, dà inizio in Galilea al lungo itinerario della vita pubblica che lo condurrà alla definitiva rivelazione della Pasqua. L’avvenimento è letto come una tessera del mosaico della salvezza; non parte di lì soltanto perché casualmente la sua residenza era a Nazaret, ma piuttosto perché è proprio su quella terra di frontiera, dove la contaminazione etnica, culturale e religiosa è più facile, che deve sorgere la grande luce, annunzio di una vita nuova. La terra di Zabulon e di Neftali, così la chiamava Isaia riferendosi allo stanziamento di queste due tribù di Israele, era stata umiliata dall’occupazione Assira ed era diventata una provincia di quel potente impero che aveva provveduto alla deportazione degli abitanti. La voce del profeta si era levata ponendo su di essa l’oracolo in parte riproposto dalla prima lettura, nel quale si disegna un futuro di luce per un popolo che ora vive nelle tenebre più fitte della disperazione per il domani, di vittoria e di gioia mentre ora è amaramente sconfitto, di libertà mentre sulle sue spalle scende l’insopportabile bastone dell’aguzzino.

Matteo intende dire: Questo futuro è Gesù; in lui si adempie la promessa. Il Regno che egli annunzia è l’inizio dell’intervento definitivo di Dio nella storia, per il quale, se vogliamo usare le immagini del profeta, luce, gioia, libertà saranno la condizione di coloro che Dio visita.

La decisione di partire dalla Galilea diventa un gesto rivelatore; questa terra che al tempo di Gesù è assai fiorente dal lato economico, ma decisamente povera dal lato religioso, manifesta da un lato la fedeltà di Dio alle sue promesse, e dall’altro la sua regola costante di scegliere ciò che è piccolo, disprezzato, inadatto agli occhi di tutti, per compiere le sue meraviglie.

L’inizio della missione è segnato da un grido: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. Era già stato lanciato da Giovanni (3,2). In Gesù, Dio mette tutto sotto il suo giudizio e la sua sovranità. I nostri giudizi, come ogni potere umano, perdono di senso e di consistenza; così bisogna maturare una mentalità e un atteggiamento che sottomettano interamente il cuore a lui. Accogliere Gesù è già sentire Dio vicino; riprendendo le immagini di Isaia, è accettarlo come fonte di luce, di gioia, di libertà, in una vita che rischia sempre di essere dominata dalle tenebre dell’errore, dalla sconfitta amara del peccato, dalla schiavitù del male.

E Gesù passa accanto a noi, non visto e non riconosciuto, nelle tante vicende del nostro quotidiano. Proprio come accanto a Simone e Andrea, occupati a gettare la rete in mare, “perché erano pescatori”. E continua a lanciare il segnale forte e decisivo della chiamata: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Come si dilata improvvisamente l’orizzonte di questi due fratelli il cui sguardo non era mai andato più lontano delle sponde del lago! Fino ad allora una giornata, e ancor più una nottata, poteva dirsi luminosa, gioiosa, liberante se la rete si era riempita per un fortunato incontro con il continuo vagare dei pesci. Ora il progetto è tutto nuovo e forse nemmeno del tutto compreso: eppure illumina misteriosamente la vita al punto che uomini così concreti come dei pescatori lascino le uniche certezze che hanno, la barca e i pesci, per andare dietro a Gesù. E per Giacomo e Giovanni la scelta sembra ancor più radicale: barca, pesci e padre per un avvenire sconosciuto. E’ già un’esperienza del regno dei cieli con il suo fascino e le sue leggi. Non è soltanto un sogno che muove, ma una forza nuova capace di una persuasione che non ha riscontro perché prende tutta la vita e ne fa nascere una nuova, nella quale la confidenza è tutta appoggiata alla Parola che ha chiamato, nella quale si realizza un cammino di assoluta conversione. Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, non sono già degli “arrivati”, il vangelo è buona testimonianza della fatica che faranno per diventare “pescatori di uomini”; ma la decisione c’è stata, il cammino è cominciato da quell’invito.

Nascono tanti interrogativi se mettiamo la nostra vita dinanzi a questa pagina evangelica. Uno mi sembra riassumerli: chi di noi non cerca luce, gioia, libertà nella sua avventura quotidiana? Chi di noi non ha l’impressione di vivere in una “Galilea delle genti”, umanamente e religiosamente tenebrosa, depredata e oppressa? Ma, chi di noi credenti può affermare con cuore sicuro di aver intrapreso pienamente e definitivamente il cammino della luce, della gioia, della libertà al seguito del Maestro?

don Enzo 

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