Storia di un apostolo

Oggi la liturgia della Parola ci fa riflettere e pregare con la pagina evangelica che costituisce il cosiddetto epilogo del Vangelo secondo Giovanni (in pratica ne viene proposta la lettura quasi per intero).

Nella traduzione de “La Bibbia di Gerusalemme”viene indicato, appunto, come Epilogo e Apparizione sulla sponda del lago di Tiberiade.

Nella lettura personale che ne ho fatto, compiendo l’esercizio di mettermi nei panni di uno dei personaggi che si incontrano nel brano, Pietro, mi ha molto colpito e perciò darei il titolo: storia di un apostolo.

Simon Pietro che dice “io vado a pescare”; ricomincia da quel che faceva tre anni prima, prima di quell’incontro e di quella chiamata.

Nonostante l’aiuto degli altri che con lui tornano apescare, la notte è proprio nera, peggio non poteva andare perché la pesca è infruttuosa; Giovanni sottolinea che “non presero nulla”.

“Quando già era l’alba”, di buon mattino, quelmattino, sul lago si presenta un tale che chiede: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”.

La risposta é anche l’ammissione del fallimento: no, non abbiamo niente.

Segue l’invito: “gettate la rete, …e troverete”.

Contro tutte le regole della pesca, che conoscevano bene perché era il loro mestiere, i nostri sconsolati seguono il consiglio dello sconosciuto e, ad una pesca notturna infruttuosa ne segue una che porta una “gran quantità di pesci”.

Hanno ri-gettato la rete e, con Gesù, cambia tutto. Un modo efficace per ricordare ai suoi discepoli di ieri e di ogni tempo che “senza di me non potete fare nulla” e che sulla sua Parola urge costantemente tornare a pescare.

Cosa starà pensando Pietro? Cosa starà pensando proprio ora che qualcuno dice: “E’ il Signore!”?

Lui è così, è precipitoso e in men che non si dica si getta in mare e raggiunge la riva.

E’ lecito chiederci perché i discepoli “non si erano accorti che era Gesù”? Eppure non era la prima volta che Gesù si manifestava a loro dopo la resurrezione. Giovanni annota che questa era la terza volta.

Sembra quasi che ogni volta Gesù assuma sembianze diverse, sembra quasi voglia prendersi gioco di loro.

Oppure sono sempre loro che non hanno ancora imparato a riconoscerlo perché non sono attenti ai particolari.

Ci esorta Papa Francesco nella Gaudete et Exsultate

143. La vita comunitaria, in famiglia, in parrocchia, nella comunità religiosa o in qualunque altra, è fatta di tanti piccoli dettagli quotidiani. Questo capitava nella comunità santa che formarono Gesù, Maria e Giuseppe, dove si è rispecchiata in modo paradigmatico la bellezza della comunione trinitaria. Ed è anche ciò che succedeva nella vita comunitaria che Gesù condusse con i suoi discepoli e con la gente semplice del popolo.

144. Ricordiamo come Gesù invitava isuoi discepoli a fare attenzione ai particolari.
Il piccolo particolare che si stava esaurendo il vino in una festa.
Il piccolo particolare che mancava una pecora.
Il piccolo particolare della vedova che offrì le sue due monetine.
Il piccolo particolare di avere olio di riserva per le lampade se lo sposo ritarda.
Il piccolo particolare di chiedere ai discepoli di vedere quanti pani avevano.
Il piccolo particolare di avere un fuocherello pronto e del pesce sulla griglia mentre aspettava i discepoli all’alba.

145. La comunità che custodisce i piccoli particolari dell’amore, dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e costituiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore, è luogo della presenza del Risorto che la va santificando secondo il progetto del Padre. A volte, per un dono dell’amore del Signore, in mezzo a questi piccoli particolari ci vengono regalate consolanti esperienze di Dio.

Ed ancora,

146. Contro la tendenza all’ individualismo consumista che finisce per isolarci nella ricerca del benessere appartato dagli altri, il nostro cammino di santificazione non può cessare di identificarci con quel desiderio di Gesù: che «tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te» (Gv 17,21).

Il focherello pronto e l’invito “venite a mangiare” dopo averli incoraggiati ad unire al pesce che è già sul fuoco un po’ di quello pescato di fresco.

E poi, nel racconto di Giovanni, la storia dell’apostolo giunge ad un punto importante con la richiesta umanissima e commovente di Gesù: Simone di Giovanni mi vuoi bene?

Alla fine della vita saremo giudicati sull’amore, ripeteva San Giovanni della Croce.

Non peseranno troppo fallimenti, infedeltà, inadeguatezze. Importante, sempre secondo San Giovanni della Croce, é credere e amare anche se é notte.

Malgrado le nostre fatiche, il Signore continua a ricordarci il suo amore per noi e non si stanca di ripetere il suo invito: seguimi.

Come tre anni prima quell’apostolo si sente ripetere ancora di seguirlo.

Il Signore ci attende al termine della notte individuale,comunitaria per invitarci a riprendere il cammino; la santità forse non saràstoria di perfezione, piuttosto una storia di ripresa del cammino, di nuovo inizio.

A noi spetta essere certi che é Lui che compie il primo passo verso di noi e i successivi con noi.

Basta pensare alla storia della salvezza, quante fatiche e stanchezze anche nella fede ma Lui ricomincia sempre una storia di bene.

Ha sembianze nuove, sempre inedite ma non é un fantasma, ha una relazione con noi, ci parla del significato della nostra relazione con Lui, ci invita a vivere relazioni autentiche tra di noi e con il nostro prossimo.

Costruisce con noi un mosaico di storie di misericordia, ci parla del dono della vita per regalarcela ogni giorno, fino alla vita eterna; ci parla della chiamata, quante chiamate.

Propongo la lettura, in conclusione, dei seguenti quattro paragrafi tratti dalla esortazione Gaudete ed exsultate di papa Francesco nei quali ci viene ricordato, tra l’altro, come il cristiano trovi orientamento e forza nella Parola di Dio e quanto sia indispensabile la disposizione all’ascolto per accogliere ogni giorno l’invito a seguirLo.

156. La lettura orante della Parola di Dio, più dolce del miele (cfr Sal 119,103) e «spada a doppio taglio» (Eb 4,12), ci permette di rimanere in ascolto del Maestro affinché sia lampada per i nostri passi, luce sul nostro cammino (cfr Sal 119,105). Come ci hanno ben ricordato i Vescovi dell’India, «la devozione alla Parola di Dio non è solo una delle tante devozioni, una cosa bella ma facoltativa. Appartiene al cuore e all’ identità stessa della vita cristiana. La Parola ha in sé la forza per trasformare la vita».

157. L’ incontro con Gesù nelle Scritture ci conduce all’Eucaristia, dove la stessa Parola raggiunge la sua massima efficacia, perché è presenza reale di Colui che è Parola vivente. Lì l’unico Assoluto riceve la più grande adorazione che si possa dargli in questo mondo, perché è Cristo stesso che si offre. E quando lo riceviamo nella comunione, rinnoviamo la nostra alleanza con Lui e gli permettiamo di realizzare sempre più la sua azione trasformante.

172. Tuttavia potrebbe capitare che nella preghiera stessa evitiamo di disporci al confronto con la libertà dello Spirito, che agisce come vuole. Occorre ricordare che il discernimento orante richiede di partire da una disposizione ad ascoltare: il Signore, gli altri, la realtà stessa che sempre ci interpella in nuovi modi. Solamente chi è disposto ad ascoltare ha la libertà di rinunciare al proprio punto di vista parziale e insufficiente, alle proprie abitudini, ai propri schemi. Così è realmente disponibile ad accogliere una chiamata che rompe le sue sicurezze ma che lo porta a una vita migliore, perché non basta che tutto vada bene, che tutto sia tranquillo. Può essere che Dio ci stia offrendo qualcosa di più, e nella nostra pigra distrazione non lo riconosciamo.

173. Tale atteggiamento di ascolto implica, naturalmente, obbedienza al Vangelo come ultimo criterio, ma anche al Magistero che lo custodisce, cercando di trovare nel tesoro della Chiesa ciò che può essere più fecondo per l’oggi della salvezza. Non si tratta di applicare ricette o di ripetere il passato, poiché le medesime soluzioni non sono valide in tutte le circostanze e quello che era utile in un contesto può non esserlo in un altro. Il discernimento degli spiriti ci libera dalla rigidità, che non ha spazio davanti al perenne oggi del Risorto. Unicamente lo Spirito sa penetrare nelle pieghe più oscure della realtà e tenere conto di tutte le sue sfumature, perché emerga con altra luce la novità del Vangelo.

Claudio

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